SI RISVEGLIA LA CINA E TORNA A SPINGERE I CONTI DEL LUSSO

Il ritorno del Dragone spinge le performance delle aziende quotate del lusso, protagoniste degli exploit più evidenti del primo trimestre del 2018. MonclerBrunello Cucinelli e Aeffe in Italia, Lvmh e Kering in Europa, e Tiffany negli Usa sono infatti alcune delle ‘stelle’ dell’avvio dell’anno in corso, con un denominatore comune: il balzo dell’Asia-Pacific e, nel suo perimetro, della Cina continentale e di Hong Kong. Rallenta invece il fast fashion di Inditex e H&M, penalizzato dall’euro forte, ma anche dalla necessità di rivedere un sistema distributivo ancora troppo poco integrato all’online. Questo è quanto si legge dal Pambianco Magazine luglio/agosto 2018.

Guardando alle aziende italiane, la performance record è quella di Moncler, che ha archiviato i primi tre mesi del 2018 con ricavi per 332 milioni di euro. Il gruppo guidato da Remo Ruffini ha evidenziato la crescita di Asia e Resto del Mondo, dove il fatturato è balzato del 27%, grazie soprattutto a Cina e Hong Kong. Brinda alla nuova spinta del Gigante Asiatico anche Brunello Cucinelli, che nei primi tre mesi del 2018 ha registrato ricavi per 148,3 milioni di euro. Nel +10,2% riportato dai mercati internazionali, la Greater China si distacca con una progressione del 31,2%, contro il +2,2% del Nord America e il +14,9% dell’Europa. Nel primo quarter dell’anno il gruppo Aeffe ha invece registrato ricavi per 95,2 milioni di euro. A livello geografico, l’Italia ha segnato un +18,2%, mentre il calo degli Stati Uniti (-16,8%) fa da contraltare all’exploit (+45,1%) del Resto del Mondo, con la sola Cina a +68 per cento. L’Ex Celeste Impero ha avuto un ruolo chiave anche nel caso di performance negative: si pensi a Luxottica che ha attribuito la flessione delle vendite in primis alla razionalizzazione del business wholesale in Cina. La ripresa del mercato del lusso è un dato di fatto anche a Hong Kong, mercato non sempre scorporato dalle griffe quotate, ma che beneficia di una seconda ondata di aperture retail. Secondo i dati più recenti, nel primo trimestre del 2018 il mercato del retail nell’area è cresciuto del 14,3%, anche se i tempi del boom del 2012 sono ancora lontani. Il retail pesa per il 4,1% sul Pil locale, e le vendite del lusso hanno rappresentato un forte traino, anche grazie a un cambio conveniente.

A livello europeo si delinea, inoltre, uno scenario di contrapposizione tra i poli del lusso e il fast fashion. Se da un lato infatti i due colossi parigini Lvmh e Kering non fermano la loro corsa, per Inditex e H&M, numero uno e numero due della moda low cost mondiale, è tempo di revisione delle strategie, dopo risultati sotto le attese. Lvmh ha chiuso i primi tre mesi del 2018 con un giro d’affari di 10,85 miliardi di euro, in aumento del 10%. Ancor più netto il balzo di Kering che ha messo a segno un +27,1% a 3,1 miliardi di euro. A livello di brand, motore della crescita del gruppo del lusso è senz’altro Gucci, protagonista di una performance ‘spettacolare’, che ha visto nel quarter vendite in crescita del 37,9% a 1,8 miliardi di euro. Il gruppo guidato da François-Henri Pinault ha evidenziato un incremento double digit in tutte le aree geografiche, in primis Nord America (+54,3%) e Asia Pacific (+42,2 per cento). Per contro, il fast fashion fa i conti con la raggiunta saturazione dell’esposizione brick and mortar e con la necessità di portare il canale online a una maggiore incidenza sulle vendite. Nel primo quarter dell’anno, Inditex è scesa ai livelli di redditività più bassi degli ultimi dieci anni, complice anche l’apprezzamento dell’euro, a fronte di ricavi in aumento del 9% a 5,7 miliardi. Il colosso svedese del fast fashion H&M ha registrato nel primo trimestre 2018 (periodo dicembre-febbraio) vendite sotto le aspettative passando dai 47 miliardi di corone svedesi (4,65 miliardi di euro) dello stesso periodo dello scorso anno a 46,3 miliardi. Già nel trimestre precedente (settembre-novembre 2017), le vendite in valuta locale si erano improvvisamente ridimensionate per la prima volta in decenni, principalmente a causa di una flessione di consumatori in store.