CARILLO, UN SOGNO DOPO L’ALTRO

9 dicembre 2024

Quando comincia a raccontare la sua storia, andando indietro nel tempo ai suoi esordi, a diciassette anni, come commesso in un magazzino del borgo sant’Antonio, Michele Carillo, sembra quasi rivivere una seconda volta quei momenti. Nei suoi occhi si scorge la luce di chi si ritrova compiaciuto a descrivere anni di sacrifici che lo hanno portato al successo imprenditoriale ed un velo impercettibile di comprensibile emozione. Anche perché durante la chiacchierata ha attorno a sè, tre dei suoi 4 figli (Maria, Anna e Antonio, la terzogenita Patty sta frequentando un master) oltre che, silenziosa, una sua storica collaboratrice. Quel ragazzetto che a poco meno di 18 anni, pieno di sogni ed ambizioni, ma con i piedi piantati per terra si fece “assumere” da un parente che vendeva maglieria e confezioni, è oggi un imprenditore affermato, che gestisce centinaia di punti vendita, con un “pacchetto” di brand che spaziano in molti segmenti di mercato, a partire dal curvy, di cui in Italia è stato sicuramente tra i pionieri. Il suo racconto parte da giovanissimo: “già quando andavo a scuola, avevo voglia di lavorare. La mia storia inizia nel borgo di sant’Antonio, a Napoli, come commesso in un negozio di abbigliamento (qui ho conosciuto mia moglie Gelsomina). Convinsi uno zio che vendeva gonne e pantaloni, a prendermi con sé, a lavorare gratis. Gli dissi vengo a lavorare con te e ti do una mano ad aprire e chiudere il negozio”. Una genialata, come la definisce una delle figlie presenti, a cui ne seguirono delle altre. Un visionario, che già 30 anni fa per scegliere il nome della sua azienda, seppure in modo artigianale, si affidava ad una sorta di ricerca di mercato “inizialmente pensavo a Moulin Rouge, ma veniva puntualmente storpiato dai miei clienti ambulanti e così nacque la Mulino Rosso”. Un imprenditore, “radicato al CIS”, pronto a dichiarare il suo sincero ed eterno ringraziamento al cavaliere Gianni Punzo “perché se oggi sono questo, lo devo a lui”.

IL PRIMO COLPO DI GENIO, IL CROSS SELLING
Tornando agli inizi della Storia, Michele Carillo ricorda: “Avevo una scatola in cui mettevo delle maglie. Dopo aver aperto il banco di mio zio, a tutte le clienti che avevano acquistato il pantalone o la gonna, proponevo sempre anche le “mie” maglie. E così cominciai a guadagnare”. Anticipando quello che oggi chiameremmo semplicemente “cross selling”, una raffinata tecnica di vendita che prevede di piazzare il terzo prodotto alla cliente. “Ero irrequieto, la mia testa era piena di sogni, ed allora a 18 anni presi subito la patente. La mia prima auto fu una Dyane colore beige”. Che gli diede l’autonomia. Qui si vede che il tuffo nel passato provoca un filo di emozione. Scorrono come sequenza tutti gli altri automezzi acquistati negli anni e svela un’altra intuizione “Comprai subito un furgone 850 e cominciai a frequentare i mercati meno battuti perchè sottovalutati, tipo rione Berlingeri, 167, rione Traiano. I furgoni crescevano per dimensione, il 238 e l’Om 60. Invece, erano mercati in cui si guadagnava, a dispetto da quanto si possa pensare. Insomma, a 24 anni, l’età del matrimonio, nel mio settore, tra gli ambulanti, ero uno che si notava quando arrivavo “, sottolinea sornione, con un pizzico di orgoglio. Il passaggio all’ingrosso, in realtà, fu graduale. Al tempo stesso frutto di un’altra “genialata”. “Ero molto ambizioso e non mi sentivo mai appagato. Per migliorare ulteriormente e competere con il prezzo, pensai di andare a rifornirmi direttamente dai produttori, a Prato e, poi, a Modena e Brescia. Qui per avere i quantitativi tali da ottenere prezzi migliori, cominciai
ad acquistare merce in quantitativi superiori a quella di cui avevo bisogno, che rivendevo ai miei concorrenti che però non facevano gli stessi mercati dove io ero presente”. Alla continua ricerca del prezzo più competitivo, cominciai ad andare ad acquistare in Cina. La prima volta fu nel 1988, quando era stata scoperta commercialmente solo dai più grandi del settore”.

PASSO DOPO PASSO
“I sogni che io inseguivo erano modesti, ma costanti e graduali. Sognavo di avere negozio di 20 mq (il primo negozio a san Giuseppe Vesuviano lo aprii dal 1989 al 1992), lo realizzavo e poi pensavo al sogno successivo. L’occasione arrivò, sempre nella cittadina natale, quando si liberò un locale in via Astalonga, in un palazzo di 3 piano, con circa 600 mq. Fu un gran salto: passai da 700mila lire a 12 milioni al mese di fitto, alimentando diffidenza e scetticismo nei miei riguardi”. “Un fornitore di Roma che aveva fiducia cieca in me, mi anticipava la merce che vendevo procurandomi il cash flow che mi serviva per rifornirmi a Prato pagando subito ed in contanti e comprando a prezzi vantaggiosi, mentre i miei concorrenti saldavano la merce a prezzo pieno perché abituati a pagamenti a lunghe scadenze. Furono anni di sacrifici: sempre in giro, sveglia alle 4.00, dormivo nei camion, dove avevo attrezzato materasso cuscino, mai in albergo o al ristorante”. “Ma – dice convinto – i sacrifici si sopportano e pesano di meno quando sono finalizzati ad un obiettivo e c’è passione”.

IL CIS
Il flash back prosegue con il passaggio al CIS. “Nel 1994, i rappresentanti che venivano da noi, mi riferivano che al Cis tutti tremavano perchè si vociferava che Mulino Rosso stava per aprire nel Centro. E dire che non c’ero mai stato nemmeno…. ” “Allora decisi di andare a rendermi conto di persona. Per me venire al Cis era come andare sulla luna. Però , mi dissi, se tremano vuol dire che contiamo. Era una domenica quando misi la prima volta piede nel CIS e chiesi di poter parlare con il Presidente Punzo. Mi condussero da lui e subito mi ricevette. Solo tempo dopo compresi che avevano fatto in modo che
venissi. La loro “esca” aveva funzionato. Fu una trattativa serrata. Ero interessato a prendere un piccolo capannone. Punzo era convinto del contrario. Forse, nella storia del Cis, sono stato quello che ha comprato i capannoni al prezzo più alto. Fatto sta che ebbi subito un successo esagerato e dopo una settimana fui costretto ad ampliare lo spazio”. Una volta giunti al Cis la trasformazione in grossista puro. Al Cis tanti aneddoti. Si lavorava tanto. Anche al di fuori degli orari previsti. “Nel 1997 ottenni la distribuzione esclusiva per l’Europa della ciniglia prodotta da una azienda di Manchester, in Inghilterra. Tutte le settimane arrivavano 15/20 container. Una volta, in settimana erano arrivato 16 contenitori e chiesi per scaricarli di potermi appoggiare provvisoriamente in un paio di capannoni: in una sola giornata, dalle 11 alle 17, avevo già venduto tutti il contenuto dei 16 contenitori e svuotato il magazzino. L’anno successivo corsi a comprarmi 5 capannoni”. E qui gli occhi luccicano…

I BRAND
“Il nostro primo marchio fu “Mezzo”, seguito da mio fratello (che ha 9 anni meno di me) che avevo intanto inserito in azienda e con ha una spiccata vena artistica. Poi seguì, nel 2002, il brand Artigli, anche se il nome non ci soddisfaceva. Però, avevamo già investito risorse economiche e decidemmo di andare avanti, tanto che la campagna partì su Napoli quando ancora non avevamo il prodotto”.

LA TELEVISIONE
Michele Carillo è stato tra i primi del settore ad utilizzare la Tv come mezzo di promozione. ”Le prime due edizioni del Grande Fratello sono stati fondamentali. Oggi ci sono le influencer che riescono ad incidere di più presso i consumatori”, ammette Michele Carillo.

I FIGLI
I 3 figli presenti ascoltano incantati il racconto del padre. Da bambini ogni domenica venivano al Cis. Era come una grande gioco, dove ognuno aveva un compito preciso. Il loro ingresso in azienda è avvenuto gradualmente. Inizialmente, Anna seguiva la fatturazione ed aveva una innata passione per lo Stile. Continuava a chiedere al padre di occuparsene, che invece la fece iniziare dal controllo qualità. “Cominciai – ricorda Anna – a capire tante dinamiche, facendo accurate verifiche sul prodotto ed ottenendo sconti dai fornitori, fino a passare all’ufficio stile tanto desiderato”. Maria fu incaricata di seguire contabilità. “Contemporaneamente, dovevo seguire anche i corsi all’università e studiare, senza saltare un giorno di lavoro.
E’ stata una grande lezione di vita ed oggi ho 3 lauree – dice Maria – all’inizio mi concentrai sui possibili risparmi, con controlli meticolosi feci risparmiare all’azienda 4500 euro in un mese. Oggi, da problem solver gestisco i negozi e supervisiono la contabilità, e in particolare, le problematiche relative agli stipendi”. “Le mie figlie, Maria ed Anna, sono poi entrate effettivamente in azienda – interviene Michele Carillo – in coincidenza di un problema del nostro campionario, Patty e Antonio, inizialmente, erano troppo piccoli. La parola d’ordine fu, mi dovete dare una mano”. Anna fu “spedita” in Cina, con l’obiettivo di tornare in poco tempo con il campionario completo. La presenza di Maria si fece ancora più intensa, con il riconosciuto ruolo di problem solver. Più tardi, anche Patty ed Antonio entrano in azienda. La terzogenita, Patty, è stata da sola per 3 anni a Bologna a gestire i magazzini per Lizalu ed Akè. L’ingresso in azienda di Antonio, classe 2001, il più piccolo, è avvenuto nel 2020, quando si fece più forte il desiderio di essere utile. Ricorda Antonio: “Gli dissi, papà usami. Come ti posso dare una mano?”. In realtà avevo iniziato a lavorare presso l’azienda di mio suocero. Poi mio padre mi inviò a Bologna al Center Gross, quando acquisimmo Sandro Ferrone. Dovevo stare pochi giorni per farmi una idea, rimasi un anno a gestire il capannone. Oggi mi occupo della logistica dell’azienda” “Attualmente, i miei figli ricevono uno stipendio mensile, sono le dipendenti, figlie di un titolare”, ci tiene a sottolineare il papà.

IL LAVORO PRIMA DELLA FAMIGLIA
Pur godendo della fattiva collaborazione dei suoi quattro figli, Michele Carillo non si ferma. “Tutte le settimana sono a Roma per almeno due giorni”. “Nostro padre – confermano in coro Maria ed Anna – ci ha sempre detto che viene prima il lavoro e poi la famiglia; senza lavoro non si poteva far stare bene la famiglia. Per cui noi prime due lo abbiamo visto poco quando eravamo ragazzine. Dalla terzogenita in poi ha cominciato a vedere di più i suoi figli”. Poi c’è la grande famiglia dei collaboratori. “Senza di loro non sono nessuno” ci ha sempre ripetuto. “i dipendenti sono stati sempre coinvolti per condividere i successi e le tappe di questa storia imprenditoriale.

IL CURVY
Pioniere anche nel fare nascere, nel 1999, come brand Lizalù (in precedenza Miss Comode) un marchio curvy. Solo da circa 5 anni i grandi brand del Luxury hanno cominciato a sfilare in passarella. “Oggi, non c’è ancora nessuno cosi strutturato in relazione al curvy. C’è un lavoro dietro, una evoluzione, lo abbiamo svecchiato. Per me le ragazze curvy si devono vestire, non coprire, con colori freschi e linee moderne. Il successo è stato tale che a breve inseriremo la taglia 42, perché lo stile total look creato piace anche a chi indossa taglie più piccole”.

I 5 BRAND
Ogni brand, copre un segmento di mercato. Portare avanti 5 brand non è facile, riconosce il patron. Ultimi brand in ordine di tempo, Sandro Ferrone e poi acquisito Annarita Enne… Abbiamo acquisito l’azienda Sandro Ferrone, con tutti i 100 dipendenti e non abbiamo licenziato nessuno, pur avendo inizialmente un accordo sindacale per spostare a Napoli. Non mi sposto da Roma”. L’ultima “genialata”, come la definisce la figlia Anna è Sandro Ferrone outlet, che però non è outlet ma una collezione con colori e tendenze nuove. Una collezione con altro gusto, altre idee ed altra immagine rispetto alla linea principale.

FUTURO
“Ho tanti altri sogni. La verità è che vorrei lasciare i miei figli in condizioni di serenità. L’economia non è più come una volta. Il momento non è brillante, bisogna avere l’umiltà di fare un passo alla volta. Le aziende si costruiscono a “terrazza”, prima si si consolida e poi si passa avanti. Basta guardare la costiera amalfitana, loro fanno terrazzamenti, consolidano e poi procedono. Ora è il momento di consolidare….” Un sogno alla volta.